Ambientazione. 3
Ricevo da Sergio Monetta e pubblico
“Una città di provincia non mi convince. Si creerebbero troppe incongruenze con elementi contenuti nel trattamento e tutto l’impianto potrebbe essere compromesso. Ad esempio, non è verosimile che due amanti si incontrino nella piazza centrale di una cittadina, per quanto sfacciati essi possano essere. Intendo dire che non c’è una logica in tutto questo. Sarebbe un suicidio, a meno che non sia proprio quello l’effetto voluto: cioè il caos familiare. Sebbene nella prima scena si accenni a questa ipotesi (Giulia lo dice espressamente a Dario), non credo che la si possa prendere sul serio. Nelle parole di Giulia essa ha solo il significato di una provocazione. La città, a mio avviso, dovrebbe essere sufficientemente grande da consentire a due amanti di incontrarsi nella piazza principale con uno scarso rischio (tuttavia presente) di essere riconosciuti. Bologna, Firenze, Palermo, Venezia sembrano appropriate.
Non idonee, città come Roma, Napoli in quanto non hanno una piazza centrale univocamente considerata come tale. Il rischio di essere scoperti sarebbe troppo insignificante per giustificare la tensione della prima scena. Per quanto riguarda lo stile della città, il suo “sapore” artistico, preferirei un’atmosfera che richiami l’oriente. A mio avviso la vera protagonista della storia è Marta. Come già accennato nel trattamento, è lei la chiave che innesca il “meccanismo” che muove gli eventi. E Marta ha vissuto molte esperienze importanti in Oriente, come testimoniano le suppellettili e la mobilia del suo appartamento. Il suo passato è avvolto nel mistero. Ella sceglie l’arma della punizione di suo marito: un’orchidea, tipica pianta tailandese. Per me la città dovrebbe essere sul mare… e dovrebbe profumare di Asia”.
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