• Luce e Colore

Mamma, solo per te…


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Questo film lancerà in tutto il  mondo – e non è una esagerazione – la canzone più provinciale, più sfacciatamente italiana uscita dalla inesauribile vena di Bixio su testo di Cherubini. Secondo Sabina Ambrogi, autrice di una biografia del celebre musicista ( Mamma, alle origini di uno stereotipo italiano, Donizzelli, 160 pagine ) Mamma o  Mutter o Mama o Maman è diventata una specie di aria internazionale, anzi globale, e per di più eterna, immodificabile, riconoscibile al primo verso, un “fatto sociale” Il segno della “’ identità italiana costruita sulla figura materna». E’ Beniamino Gigli a presentarla: è il 1941, e nella finzione filmica il grande tenore torna carico di successi da Oltreatlantico. Il più convenzionale dei piroscafi, bella gente nelle sale, gola spiegata fra i passeggeri ammirati, «solo per te la mia canzone vola», con uno sguardo adorante alla moglie americana presumibilmente viziata. A casa, la vecchia madre Emma Grammatica, quindi una storia di quasi adulterio e di mille tormenti, con il lieto fine e la canzone che echeggia ancora al capezzale della madre finalmente morente e finalmente soddisfatta. Tre bambini per coronare il feuilleton. Scrive Edmondo Berselli su Repubblica ( 7 dicembre 2007) “… Di fronte a questo tripudio di retorica nell’ esordio degli anni Quaranta, mentre la guerra sta per portare alla catastrofe Mussolini e le fiduciose mamme del regime, ci si può consolare con la scoperta che forse per la prima volta, in quanto canzone, Mamma non è soltanto un oggetto di intrattenimento musicale, ma un autentico «prodotto moderno di consumo», declinato secondo un marketing ancora sommario, ma realizzato a tappeto attraverso i dischi a 78 giri, la radio, il film, le sale da ballo. Albori di un’ industria, creata attraverso quella «lingua che proviene dalla romanza», che ha fatto tesoro di tutta la musicalità napoletana, ha attraversato il teatro di varietà e il café chantant ( …) E si capisce allora perché Mamma sfiora l’ immortalità: perché è un punto dove si incrociano il passato e il futuro, e dove il sogno di una vita ritirata in campagna, come nel film con Gigli, esorcizza l’ America più ruggente, facendo balenare agli occhi del nuovo mondo, emigrati compresi, un sogno dell’ Italia, un’ oleografia della penisola com’ era vista dagli americani: sole, musica, mamme, chitarre e tenori. Uno stereotipo, per l’ appunto, fortissimo come quello della mamma italiana. Eppure ci dev’ essere qualcosa di misterioso e di evocativo, una forza viscerale in quella canzone, perché Mamma non si trasfigura nel tempo solo in seguito alle decine di interpretazioni degli artisti italiani (si possono ricordare Carlo Buti, Achille Togliani, Claudio Villa, e anche Nunzio Gallo, che in epoca di televisione incipiente trionfò al concorso intitolato alle “Canzoni della fortuna”, senza dimenticare Luciano Pavarotti, che incise un disco intero dedicato alle “romanzine” di Bixio (…) Mamma, non si esaurisce in quel qualcosa di mitico-magico che forse apparterrà al «potere abietto delle canzoni», secondo Pier Paolo Pasolini, e che porta la commozione  a farsi sentire anche in francese, spagnolo, portoghese tedesco, olandese e anche fiammingo: perché di mamma ce n’ è una sola, ma si può invocarla in tutte le lingue del mondo.”

MAMMA cantata da Beniamino Gigli

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