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Politica e cultura

Qualche tempo fa, alla vigilia dell’ insediamento del governo Prodi, cento autori di cinema elaborarono un testo-lettera rivolto

Ai deputati e ai senatori della prossima legislatura
ai ministri del futuro governo”

dove veniva richiesta una maggiore attenzione alle sorti del cinema italiano. Ci fu anche una interessante promozione dell’iniziativa al Festival di Roma e un video ancora gira su YuTube. Ora, alla vigilia di nuove elezioni, mi è venuta l’idea di andare a cercare quella lettera per capire se quei cento autori fossero riusciti in qualche modo ad incrinare il muro di piombo rappresentato dai nostri politici e soprattutto se non fosse giunto il tempo di ripresentarla, di riproporla ai nuovi o ai vecchi scalatori di poltrone governative. Io sono molto scettico sul valore delle petizioni o delle lettere aperte anche se sottoscritte non da cento ma da diecimila firme. Il politico va per la sua strada, con i suoi paraocchi e le sue poche idee di convenienza ma tant’è; perché non riprovarci? Così sono andato a leggere quella lettera famosa, scoprendola penosa nella costruzione, infantile nel modo di porsi, servile nel tentativo di non apparire tale. Intanto, i signori dichiarano

Chi vi scrive rappresenta il mondo del cinema, della televisione, dell’audiovisivo.

“ Rappresentare il mondo” mi sembra francamente esagerato. Chi scrive semmai rappresenta una parte di quel mondo. Un altro brano, che trovo fantastico, ricorda ai futuri governanti:

Non lo facciamo con timidezza, non mormoriamo nei corridoi, non chiediamo la vostra amicizia per vederle realizzate – come forse un tempo avveniva…

“Non chiediamo la vostra amicizia” ? “ Come forse un tempo avveniva”?

Ma di quale tempo parlate? Di ieri, dell’altro ieri, della vita mortale? Ma da quand’è che i contributi governativi hanno smesso di essere elargiti agli amici, ai conoscenti, ai raccomandati? Chi temevate di offendere, centoautori, collocando lo scandalo nel nostro presente?

E poi, via, il vostro dichiarare che

non lo facciamo per timidezza, non mormoriamo nei corridoi

ma chi v’ha beccato a mormorare nei corridoio? Il preside? E potrei proseguire con altre chicche meravigliose; ma sarebbe solo un abbaiare e un digrignar di denti tra cani randagi, perché questo, oggi, è il nostro cinema, costretto a razzolare nella spazzatura, privo di nerbo e di forza e di artisti degni di questo nome e di uomini capaci non di “chiedere” non di “suggerire” ma di “imporre” di battere i pugni sulle scrivanie, di scendere in piazza, di far presente a tutti che i nostri politici non parlano di cultura perché, nella loro stragrande maggioranza, non sanno nemmeno cosa sia la cultura.

Aspettiamo dunque queste elezioni, poi organizziamo non lettere aperte o petizioni ma un movimento che riesca a penetrare fra le autodifese dei politici per far capire che ignorare la cultura non significa cancellarla e che (ma qui viene il difficile) in qualche modo la cultura può anche essere una convenienza.

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