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Vamos a matar companeros

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Titolo originale:
VAMOS A MATAR COMPAÑEROS (1970)
Regia: Sergio Corbucci
aiuto regia: Sabatino Ciuffini
Produzione:
Atlantida Film, Terra Filmkinst,Tritone Cinematografica.
Soggetto: Sergio Corbucci, Massimo De Rita.
Sceneggiatura: Sergio Corbucci, Dino Maiuri, Massimo De Rita, Fritz Hebert, José Trade.
Cast: Tomas Milian, Franco Nero, Fernando Rey, Jack Palanche, Francisco Bodalo,Iris berben, Karin Schubert,Eduardo Fajardo.
Fotografia: Alejandro Ulloa
Musica: Ennio Morricone
Montaggio: Eugenio Alabisio.
Scenografia Adolfo Cofino
Costumi Jurghen Henze
Trucco Giuseppe Capogrosso.

Formato: 35mm colore technicolor
Durata: edizione Italia 117’ca.

Data di uscita: 18 Dicembre 1970
Distribuzione: Atlantida Film
Genere: western
Nazione: Italia/Spagna/RFT.

Trama:
Xantos , rivoluzionario, messicano e idealista, langue in una prigione americana; ma Xantos ha un asso nella manica: conosce la combinazione di una cassaforte che fa gola a. Mongo, rivoluzionario anche lui ma laido e cattivo, questi decide di farlo evadere per arrivare al bottino.Incarica dell’impresa un suo uomo, El Basco ma, il mercante d’armi detto, Lo Svedese ha avuto la stessa idea.


spaghetti_western_festival_venezia.jpgIl Regista: Sergio, fratello di Bruno Corbucci,
il suo primo approccio professionale con il cinema avvenne come giornalista , ma già nel 1951 fu aiuto-regista di Aldo Vergano e subito dopo, ancora giovanissimo, diresse la sua prima pellicola “Salvate mia figlia”, un dramma popolare a cui seguiranno altre pellicole dello stesso genere. Spirito eclettico, attraversò vari generi di moda negli anni ‘50 e negli ‘60: il film musicale, la commedia (tra il 1960 e il 1963 diresse Totò in ben sette pellicole) Poi arrivano gli spaghetti western, ed è proprio in questo genere – di cui può essere considerato, insieme a Sergio Leone e Duccio Tessari, tra i principali esponenti – che Sergio Corbucci, abile artigiano della macchina da presa riuscì a dare il meglio, portando nel genere una violenza mai vista (neanche Sergio Leone aveva osato tanto). Nel 1966 diresse Django, interpretato dall’esordiente Franco Nero, con quel suo tocco “dark”, lugubre, che lo contraddistinse in tutta la sua filmografia western; si confermò come il regista più cinico e violento del genere nel successivo Il grande silenzio (1967, ma uscito quasi due anni dopo), che presenta il finale forse più cinico e disperato del genere.È considerato una pietra miliare del genere spaghetti-western ed è un cult movie conosciuto in tutto il mondo.A confermare l’importanza di questo film, uno dei più importanti musei americani di storia del cinema ne conserva in bacheca una copia.
Famosa la scena iniziale, etichetta del film, in cui Django cammina trascinandosi dietro una cassa da morto

1. Note: Il Basco di Tomas Milian é un chiaro riferimento a quello di Che Guevara così come le battute da rivoluzionario culturale cinese che fecero rabbrividire la critica dell’epoca.
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2. Note: Il film supera del doppio gli incassi del precedente western-picaresco-rivoluzionario “Il mercenario” (con Tony Musante e Franco Nero) con un incasso di 1.000.000.000 di lire.
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