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ALTRE DOMANDE A FOLCO QUILICI                                                          

D. Come giudichi la situazione attuale della documentaristica italiana?

R. Non sa parlare inglese.

Folco Quilici insegna al CSC. Ne deduco che questa considerazione è riferita soprattutto alle nuove generazioni. Il che è grave: l’ inglese deve essere la seconda lingua madre del documentarista. E la terza è lo spagnolo. Serve per farsi capire in giro per la Terra, ma serve soprattutto a portar via quella sottile polvere provinciale che è un nostro attributo ed una nostra maledizione.                

D. E’ possibile porre rimedio a questa situazione?

R. Imparando l’inglese e studiando temi e spunti che possano interessare un pubblico internazionale; (vedere tutte le sere Discovery Channel e Artè).

D.Come giudica una indagine realizzata per contare quanti documentaristi italiani vivono del proprio lavoro?

R.Inutile.

Questa risposta sembra confermare del tutto gli scarsi risultati che vado ottenendo con il mio appello ai documentaristi. E’ un brutto anatroccolo ammalato di timidezza, oppresso dal timore di non trasformarsi in cigno? E tacciono anche coloro che fanno solo i Corti. Coraggio; potete unirvi ai documentaristi classici: appartenete alla stessa etnia. E si impara molto di più a descrivere il proprio quartiere che a raccontare una storia, per quanto carina od originale essa sia.


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D. Accetterebbe di mettere il Suo nome in cima alla lista? 

R. Sì, ma cosa conta? (vivo dei miei libri. I documentari sono un passivo).

Quilici sa benissimo che non è stato sempre così. Che di documentaristica si viveva, non da nababbi, ma si viveva. I telespettatori amano il documentario. E’ necessario solo farsi sentire, raggruppare i nostri lavori, pretendere. Tu cosa puoi fare?

D.Il Corto è da considerarsi un tema di scuola secondaria o piuttosto una tesi di laurea?

R. Penserei che dovrebbero realizzarsene due; a due livelli, con un tempo intermedio di un anno (come noi, al CSC).

Su questo occorre riflettere e molto. Ciascuno di noi stimi a che livello sono i suoi lavori, e non scambi una tesina con una tesi di laurea. Non è necessario costruire da subito il capolavoro .Un buon lavoro cinematografico nasce dal “sentirsi liberi” soprattutto dalla necessità dimostrare a tutti i costi la nostra bravura.

> Domanda a tutti:

Qualcuno troverà la voglia di intervenire nel dibattito o ritiene più comodo continuare a lamentarsi?

 

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