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Pia Velsi e la solita storia vergognosa

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Nel numero del venerdì di questa settimana (1408)  un articolo ricorda le difficoltà di vita di una non più giovane attrice, Pia Velsi. E’ una storia non nuova: una attrice con 70 (!) anni di carriera alla spalle rischia lo sfratto per morosità perché il lavoro è praticamente finito (scarsi, per non dire nulli i ruoli per una attrice di 86 anni) e la signora non riesce più a pagare l’affitto di casa (900 euro mensili). Va bene, diranno i miei attenti lettori, ma con settanta anni (!)di attività lavorativa, una pensione per i settanta anni di lavoro è in grado di provvedere all’ affitto. Il fatto è che la signora di pensione percepisce 500 euro mensili circa.  Ma come è possibile? Si chiederanno i miei indignati lettori. E’ possibile, rispondo, perché è una pensione Enpals (oggi INPS) quella dei lavoratori dello spettacolo dove i produttori teatrali e cinematografici e le Case che rappresentavano (alcune con nome altisonanti) facevano a gara a non versare i contributi per il lavoro svolto. Montagne, montagne  di contributi non versati nella quasi impossibilità – per il lavoratore – di riuscire a recuperarli perché molte Case di produzione chiudevano dopo qualche film o i produttori esecutivi sparivano dalla circolazione. Certo: la legge autorizza il lavoratore a controllare che il versamento sia stato effettuato e – in caso contrario – iniziare  una azione legale per obbligare i distratti a provvedere al versamento. Io l’ho fatto, una volta sola – e non ho MAI  PIU’ lavorato per quella Casa e per quel regista ( “sei un piantagrane”!) perché così avveniva. Se rompevi per ottenere un tuo diritto venivi classificato come un piantagrane e rischiavi di dover cambiare mestiere. Restava comunque una speranza importante: le Commissioni di censura. Come si sa, le Commissioni operavano per salvaguardare il comune senso del pudore, per evitare che le critiche alla polizia o ai politici o ai carabinieri o a qualunque altra associazione pubblica non superassero il livello di guardia ma operavano anche un doveroso controllo sul film che doveva essere  realizzato secondo precisi criteri di legge, ovvero: la troupe doveva essere composta da maestranze italiane e così il regista e un certo numero di attori. E come potevano le Commissioni prendere atto che la lavorazione avesse rispettato la legge? Semplice, diranno sempre i miei gentili lettori: con il versamento all’ Ente previdenziale dei lavoratori dello spettacolo. Tanti giorni di lavoro, tanti contributi versati a persone fisiche di nazionalità italiana. Qui il gioco si fa interessante: prima di presentare il film alla Commissione il direttore di produzione  si era recato alla sede dell’Ente con tutti i nominativi per  ottenere conferma  che fossero regolarmente iscritti nelle mansioni svolte nel film e poi, all’atto di pagare versavano una congrua somma sul LORO nome e si mettevano d’accordo (?!) con l’impiegato per ottenere sul foglio dei nomi e delle qualifiche  da presentare alla Commissione la dichiarazione che i “versamenti” erano in ATTO.  In atto,  non effettuati. Cosa avrebbe dovuto fare la Commissione? Svolgere il lavoro di controllo cancellare quello che prudeva nel comune senso del pudore e dire: “ Va bene. Tutto a posto. L’autorizzazione alla programmazione obbligatoria la rilasciamo dopo la chiusura dei pagamenti all’Ente previdenziale”. Ma quel comportamento corretto – un obbligo per il loro rappresentare la moralità pubblica dello Stato italiano, un dovere perché molti di loro erano magistrati  -  non avveniva praticamente mai, salvo quando il rifiuto alla autorizzazione si trasformava in merce di scambio per cancellare la resistenza del regista a  tagliare  alcune sequenze poco gradite a quegli uomini probi, onesti, moralmente ineccepibili. Qualche volta quella pratica burocratica servì a negare la nazionalità Italia (vedi Kapo di Gillo Pontecorvo ma è solo un esempio). E’ questa la ragione che oggi butta per strada una donna di 86 anni con 70 anni di lavoro alle spalle. Con tante grazie a quelle persone che si vantavano essere i protettori, i difensori, i  custodi della moralità di una nazione tutta. Custodi o portinai?

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