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La locandiera, note e immagini

La Locandiera di Luigi Chiarini

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Su: “ MA L’AMORE NO”, realismo, formalismo, propaganda e telefoni bianchi nel cinema italiano di regime ( 1930-1943), Francesco Savio ricorda:

Il film era al montaggio, quando si verificarono i fatti dell’ 8 settembre. Per non andare al Nord con i cineasti della R.S.I., Chiarini abbandonò alla sua sorte il film, che fu finito di montare doppiato ( malamente) da altri.

Scrive Paola Ojetti ( in Film, 27 gennaio 1945) :

“ Non so se Luigi Chiarini, rimasto a Roma, abbia veduto la sua Locandiera (…) così come l’abbiamo veduta noi (…) a Venezia. Credo che se ne ha avuto la ventura, il suo dolore deve essere stato grande. Abbiamo udito questo regista parlare della sua opera on preparazione. Abbiamo saputo con quanto amore e con quanta reverenza è stata avvicinata l’opera di Goldoni per farne la “ libera riduzione” ( …) abbiamo udito le esortazioni a Gino Cervi perché accettasse di interpretare la parte del poeta che alla fine deve dire al pubblico la piccola “ morale”. Abbiamo poi veduto il film (…) Intere scene sono inintelleggibili o perché la musica sovrasta le parole o perché la copia è scadente; al montaggio, scene intere sono stato troncate a metà (…) Cervi, non avendo più da dire la sua “ morale” di commiato, è diventato poco più di una comparsa. Peccato, sì, peccato. Perché Luisa Ferida è la sola Mirandolina che si potesse trovare al mondo e tutti recitano senza mai una stonatura. L’operatore che ci ha dato quella stupenda visione iniziale del Brenta è Nebiolo, ma esso è anche l’autore  ( senza colpa, pensiamo) di tanto buio e di tante ombre improvvise.”

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