Storia della fotografia_7

    UNIVERSITA’ DI CAMERINO_ LABORATORIO DI ARTEVISIVA, STORIA DEL CINEMA,  DELLA TELEVISIONE E DELLA FOTOGRAFIA

    Lezione 3

    parte prima

    FOTOGRAFIA.  Riflessioni sull’inquadratura.

    Sappiamo che il cinema è apparenza, dove il movimento è solo una conseguenza della persistenza delle immagini sulla retina, e dove un attore che impersona un personaggio storico, Cavour – ad esempio – può essere creduto il vero Cavour. Anche la distanza è “apparente” perché dipende non solo dalla reale grandezza dell’oggetto ma anche dalla distanza reale o dalla lunghezza focale dell’obiettivo adoperato. Con uno zoom in avanti posso far credere che un oggetto è a pochissima distanza da chi vede. Ma la sola misura su cui non può esservi equivoco, è la figura umana. Sulla “grandezza di un uomo” non è possibile tessere inganni. Certo, possiamo alzare di qualche decina di centimetri un attore di piccola statura utilizzando delle pedanine poste sotto i suoi piedi; ma se dobbiamo renderlo più massiccio, ad esempio, saremo costretti a rimpicciolire gli oggetti che quell’attore usa in scena. E’ noto, ad esempio che John Wayne si faceva fabbricare fucili di dimensioni ridotte, sì da far apparire le sue mani, manone e la sua statura massiccia, la sua forza più evidente.

    Se il racconto vuole figure umane ridotte all’altezza di un topo, allora dovremo ingrandire tutti gli oggetti che le circondano: case, grondaie, trappole, sedie, ecc. Al contrario, se sono i giganti a irrompere nella storia, allora dovremo rimpicciolire, fare miniature di tutti gli oggetti e le cose che li circondano. Fatti salvi questi casi eccezionali, possiamo stabilire che l’altezza umana è sullo schermo: inalterabile e costituisce il metro preciso delle apparenze cinematografiche. Per questa ragione, e come abbiamo visto, le varie tipologie che esprimono le distanze, vengono classificate in relazione al modo in cui il quadro cinematografico taglia la figura umana.

    Un altro aspetto, altrettanto importante, riguarda il “come inquadrare” ovvero come dare al nostro quadro fotografico un aspetto gradevole e nello stesso tempo chiarezza nella comunicazione. e soprattutto chiarezza di comunicazione.

    La profondità

    Un secondo problema da affrontare è “profondità di campo” apparente. La fotografia è piatta, manca della terza dimensione e dobbiamo tenerne conto. Osserviamo questa fotografia:

    Su quale elemento si è fermata la vostra attenzione? Sul cartellone che indica l’obbligo di andare a destra. Osservate questa seconda fotografia:

    Su quale elemento si è fermata la vostra attenzione? Sul piatto che la signora sta mostrando contro il cielo. Questo avviene perchè il nostro sguardo va istintivamente al centro della fotografia. Se un oggetto qualunque, un razzo, un disco volante, apparisse di fronte al piatto, ovvero centrale, noi lo osserveremmo con interesse, ma senza provare timore, se invece l’oggetto apparisse  entrando da destra o da sinistra dell’inquadratura, noi reagiremmo con un balzo.

    Possiamo dunque memorizzare  che

    l’occhio umano e di conseguenza la nostra attenzione, converge sempre al centro del fotogramma. Questo comportamento naturale, è  per il cinema, una limitazione alla creatività ed alla fantasia, perché non è sempre possibile mettere l’elemento di maggior interesse al centro dello schermo, per ragioni artistiche o semplicemente per motivi tecnici. Ed i primi registi di talento intuirono da subito il problema e ne cercarono la la soluzione a casa dei maestri della immagine ovvero dai pittori.

    Da sempre i pittori si erano dovuti confrontare con il problema della profondità nelle loro opere e con i problemi de “ l’attenzione” ovvero dell’ orientamento dello sguardo, riuscendo a risolverlo con la adozione di varie tecniche. Dai tempi del II° e dal IV° stile pompeiano, chiamato anche della “falsa prospettiva”, sino a noi. Non per nulla gli stili pompeiani derivavano, in gran parte, da scenari teatrali e il cinema è nato imitando il teatro (nei primi film, la sequenza girata era chiamata scéne-tableau, scena quadro).

    Il Canaletto, ma è solo uno dei tantissimi esempi, ci insegna a “sottolineare” un elemento importante ( il Colosseo), inquadrandolo nell’Arco di trionfo di Costantino . In altre parole “guida” verso il Colosseo il nostro sguardo. Il cinema accetta il suggerimento e così inquadrerà Nosferatu. Chi ha interesse a coltivare l’arte della fotografia deve assolutamente studiare e bene e a fondo la storia della pittura.

    I modi di inquadrare

    Altra riflessione, forse addirittura più importante, riguarda il “modo” di inquadrare. Sappiamo che macchine da presa, rese sempre più leggere e di facile utilizzo da una industria in pieno sviluppo, consentono al regista di inquadrare da ogni posizione. Dall’alto, dal basso, orizzontale, inclinato, diagonale,trasversale, mentre, l’arrivo della codificazione in piani e in campi della sequenza cinematografica, aumenta le possibilità espressive ma crea nuovi problemi estetici. Io so come “tagliare” la figura umana, ma devo decidere come “posizionarla” nel fotogramma: Sempre centrale, o sempre laterale? E quando sono in due o in tre a riempire il fotogramma?

    Questo è quadro di Paolo Uccello. L’’occhio umano tende a “guardare” sempre verso il centro; allora perché il nostro sguardo converge invece sulle figure a sinistra nella composizione generale?

    Perché il pittore è ricorso ad un artificio: ha riempito il lato sinistro del quadro di tutti gli elementi del racconto e lasciato vuota la destra. Dopo una fugace guardatina al “centro” lo sguardo si orienta verso i “pieni” e se tracciamo una diagonale, ci rendiamo meglio conto della soluzione adottata dal pittore.

    Il “ricorrere “ agli artefici nella composizione dei pieni e dei vuoti, è una delle qualità essenziali della fotografia che il cinema ha recepito integralmente, dandosi anche una regola da applicare, che è la :

    La regola dei 4 triangoli

    E dalla pittura, il cinema riesce a darsi la regola fissa che chiama bilanciamento. L’inquadratura cinematografica deve essere sempre ben bilanciata, tranne ovviamente quando “sbilanciare” diventa raccontare.

    Cosa significa “bilanciare”? Bilanciare significa mantenere fra i pieni ed i vuoti un rapporto formale, gradevole all’occhio, necessario anche a generare effetti prospettici. Come per le arti figurative, l’assetto del quadro filmico potrà derivare dalle normali composizioni orizzontali e verticali ed anche – come per l’arte figurativa – da quelle generate all’interno di un triangolo

    Le figure possono essere iscritte in un triangolo col vertice al centro del margine superiore del fotogramma. Il moto delle figure avviene per ingrandimento o riduzione. Le figure, cioè appaiono avvicinarsi o allontanarsi muovendosi lungo l’asse dell’obiettivo. Questo bilanciamento è detto del triangolo semplice.

    Ftg tratto dal film di Ingmar Bergmann Il Settimo sigillo( 1956) una pellicola estremamente rigorosa, dove il rispetto della grammatica si coniuga perfettamente con una narrazione ispirata. Disponibile in dvd

    Le figure possono essere iscritte in un triangolo rettangolo con l’angolo retto in basso a destra o detto più semplicemente: diagonale a destra.

    Ftg tratto dal film di Ingmar Bergmann Il Settimo sigillo _ 1956_ Disponibile in dvd

    Le figure possono essere iscritte in un triangolo rettangolo con l’angolo retto in basso a sinistra o detto più semplicemente diagonale a sinistra.

    Ftg tratto dal film Io ti salverò (1945) di Alfred Hitchcock _disponibile in dvd

    Le figure possono essere iscritte nella unione dei due rettangoli sino a formare due triangoli equilatero.

    Come abbiamo anche se sommariamente visto, dunque, il cinema degli esordi si ispira alla tecnica pittorica per arrivare a determinare il proprio background culturale. Ne è esempio interessante il film “ Christus “ girato nel1915 e proiettato nel 1916, mentre infuria la Prima guerra Mondiale. Il film ì imita nel dettaglio 120 opere d’arte6; vediamo questro lavoro più da vicino.:

    Giulio Antamoro, conte, è uno dei pionieri italiani del cinema muto, una figura di rilievo della storica casa di produzione Cines. All’inizio dirige soprattutto le comiche di Tontolini poi il primo primo Pinocchio (1911) cinematografico; film tutti interpretati dal clown di origine francese F. Guillaume, conosciuto anche come Polidor. A questi film farà seguito Christus e poi Frate Francesco (1926) e Antonio da Padova (1930).

    Alcuni ftg tratti da Christus (Christus, film muto (1916) diretto da Giulio Antomoro- disponibile in dvd)

    La Nascita

    la fuga in Egitto

    Le tentazioni

    La pesca miracolosa

    La pasqua

    L'ultima cena

    La crocifissione

    Christus, ovviamente la vita di Gesù di Nazaret, dalla nascita a Betlemme, alla morte sul Calvario a Gerusalemme, è il primo lungometraggio (m 2279, quasi 90 minuti) di argomento religioso del cinema italiano, cinema che nei primi anni ‘10 si era imposto a livello internazionale con i film in costume di Pastrone, Guazzoni, Caserini, De Liguoro ecc. Girato tra il ‘14 e il ‘15, con dispendiosi esterni in Egitto, fu teatro di gravi constrasti, anche giudiziari, tra il regista e la Cines che provvide a rifare e aggiungere alcune scene dirette da Guazzoni. Il film uscì nelle sale,  alla fine del ‘16, in piena guerra mondiale. Il che ne pregiudicò il successo. Cinepresa immobile, montaggio inesistente, assillo di pomposa grandiosità, abbondanza di sogni, incubi, visioni. Il racconto procede per tableaux vivants quasi sempre statici, apprezzabili per la cura iconografica e con una discreta direzione degli attori. Ma a noi interessa non la qualità del film bensì il suo stretto contatto con i capolavori della pittura. Per realizzarlo Antamoro si appoggia senza esitazioni alla tradizione artistica rinascimentale. La struttura è presa dal poema iconografico di Fausto Salvatori, allievo di Gabriele D’Annunzio, appositamente scritto per questo lavoro su pressione del regista. Il lavoro di Salvatori divide la vita di Cristo in tre atti chiamati Misteri: Annunciazione e Natività, Vita e Opere, Morte e Resurrezione. Siamo ancora nella fase sperimentale dei cinema che vive di forti influenze teatrali. Scarso è il montaggio esterno alla scena perché questa veniva girata quasi interamente con una sola posizione di macchina. Rivolgersi all’arte pittorica sembrò ad Antamoro l’unico modo corretto di avvicinarsi alla figura del  Cristo senza risultare blasfemo o anche solo irriverente. Giova ricordare che la Chiesa di allora non nutriva ( e siamo in piena diatriba anche con la teoria darwiniana) molto entusiasmo per il cinema condannato dal Pontefice come “strumento del diavolo”. Al termine delle riprese, Antamoro si preoccuperà di far visionare il film, un anno prima dell’uscita ( dicembre 1915) a quindici cardinali presso il Pontificio Istituto Biblico; prima del visto censura, presumibilmente per ottenere l’ approvazione della Santa Sede. ll tutto in gran segreto, naturalmente; i vescovi ne riconobbero la validità e il film potè uscire nelle sale.

    Antamoro, come ho già detto, usa la tecnica dell’immagine ricavata dalla tradizione artistica rinascimentale; quindi molte inquadrature prendono spunto da capolavori pittorici e, a proposito delle citazioni pittoriche volute dal regista, qualche spettatore devoto si è cimentato nel difficile compito di individuarne il numero, arrivando a contarne oltre cento.

    A Titolo di esempio:

    sin. Annunciazione ftg Christus - dx Annunciazione Beato Angelico

    sin. il battesimo ftg da Christus - dx Il Battesimo del Perugino

    sin. La trasfigurazione ftg da Christus - dx La Trasfigurazione di Raffaello

    La prima ufficiale del film, avviene il 8 novembre del 1916, in pieno conflitto mondiale, al Teatro Augusteo di Roma. La musica a ” commento” della proiezione, viene commissionata al religioso Giocondo Fino. Presenze illustri: la regina Elena, rappresentanti del Governo, ambasciatori e molte personalità della cultura.

    Fu un successo travolgente. I cronisti raccontano che al riaccendersi delle luci in sala, moltissimi dei presenti furono colti con le lacrime agli occhi. Un grande successo lo riscosse anche quando venne presentato a Parigi, al Trocadero, la più grande sala della città. L’orchestra che accompagnava la proiezione era composta da 80 elementi e diretta dal maestro Charpenter.

    Il film venne comunque aspramente criticato dai cronisti dell’ epoca e dagli esperti del periodo storico toccato dal film. In particolare, venne accusato di non avere unità e di eccedere nella agiografia più vieta. Ciò malgrado il film entrerà nell’ immaginario popolare nazionale. La versione originale sarà proiettata nelle sale parrocchiali e negli oratori in prossimità del Natale e specialmente durante la settimana Santa, sino agli anni quaranta. Assistere a quel film, era per i credenti, come recitare una preghiera.

    ftg tratto da Christus

    Gesù Cristo è interpretato da Alberto Pasquali

    ftg tratto da Christus

    la Madonna era interpretata da Leda Gys

    Leda Gys - foto

    Leda Gys, è il nome d’ arte di Giselda Lombardi ( Roma, 10/3/1892 – 2/10/1957). Grazie anche – ma forse dovrei dire soprattutto – a questa pellicola, Leda Gys diventerà una delle più amate dive del cinema muto. Era stata scoperta dal poeta romano Trilussa; poi sposò il produttore Gustavo Lombardo. Leda girò più di 80 film.

    Leda Gys, era molto popolare anche fra gli emigrati. La sua ( a detta dei critici) era una recitazione spontanea, distaccata dai clichè del cinema muto italiano di quegli anni. Recentemente Goffredo Lombardo, suo figlio – e famosissimo produttore cinematografico – ha curato il restauro della pellicola. Restauro reso possibile solo dopo il recupero di varie parti del film in diversi Paesi: Francia, Germania, Stati Uniti e Sudamerica. La nuova versione è stata ricostruita dalla Cineteca del Comune di Bologna con la collaborazione di vari Enti, anche svizzeri e francesi, ed è stata poi presentata al Festival del Cinema di Venezia nel 2000, in occasione del Giubileo. Nel 2006, è stato proiettato a Roma nella Basilica di SS. Bartolomeo e Gaetano il 12 dicembre, con il commento musicale di Alessandro Scarlatti solo nella parte dedicata al Mistero della passione.

    segue lezione 3



    Dispense per il Corso LABORATORIO DI ARTEVISIVA: STORIA DEL CINEMA, DELLA TELEVISIONE E DELLA FOTOGRAFIA 2010, della Università degli studi di Camerino. Sede di svolgimento: Scuola di Architettura e Design, Ascoli Piceno. Per accedervi è necessario conoscere la passaword. Potete richiederla a giulio.berruti@gmail.com

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