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Cinema e sport

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Nell’ ipotetico orfanotrofio dei figli d’arte, non esiste padiglione tanto ampio quanto quello che raccoglie tutti i “figli di un dio minore”. Nel cinema, lo sport è fra questi. Malgrado i non pochi capolavori ed una collaborazione costruita sin dagli inizi, sono rari i critici e gli storici pensosamente chini su questo genere. L’accusa ricorrente riguarda il solito spirito mercenario hollywoodiano pronto a recepire, da subito, l’affare economico che lega set e piste, studios e campi di gara, per non sottolineare, poi, il modello proposto, quasi sempre banale, intriso di spirito vitale ed atletico, prodigo di istintive adesioni al confronto ed insaporito dall’ottimismo della vittoria. Soldi e botteghino hanno comunque confermato la validità del binomio sin dagli inizi del secolo passato e migliaia di titoli si addensano nell’anagrafe del cinema sportivo collaborando in modo non superficiale a definire il presente, a confermare gli orientamenti del grande pubblico, a determinare il vissuto sociale di un determinato periodo storico meglio di tante altre pellicole costruite per quello scopo. Altro tema, di grande interesse, è il connubio “uomo di sport” e cinema. Sono tanti gli atleti prestati alla celluloide. E alcuni, fra questi, sono nell’ Olimpo della decima arte. Jean Claude Van Damme, Martin Hagler, ad esempio, il campione olimpico Johnny Weissmuller, il pugile Jean Paul Belmondo, l’acrobata circense Burt Lancaster, il lottatore Chris Penn, Arnold Schwarznegger, titolare di ben 13 titoli mondiali tra sollevamento pesi e body-building, Patrick Swayze, ginnasta. In Italia Raul Bova, Bud Spencer e Giuliano Gemma tutti originariamente nuotatori e poi ancora Fabrizio Bentivoglio, calciatore o l’indimenticato Vittorio Gassman, giocatore di pallacanestro.

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