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Sergio Leone, la vita

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Aveva sessant’anni e un grande progetto nel suo futuro, un film sull’assedio di Leningrado.
La sua é stata una morte improvvisa. Del cinema, amava soprattutto il Cinema. Tutta la sua vita é stata condizionata dal Cinema.
Suo padre era Vincenzo Leone, apprezzato “direttore artistico” del cinema muto, (in arte con il nome di Roberto Roberti (per questo Leone firmerà i suoi esordi con il nome di Bob Robertson, il figlio di Roberto), sua madre, Edvige Valcarenghi, é una attrice ( Bice Waleran) e conosce Vincenzo sul set dell’Aquila Film di Torino.
leone+padre.jpg Quando nel ’17 la casa di produzione fallisce, Roberti e la Waleran si trasferiscono a Roma per collaborare con la Caesar (la Diva della casa é Francesca Bertini). Dopo sedici anni di matrimonio, nasce a Roma, il loro primo ed unico figlio, Sergio (il suo padrino di battesimo sarà Mario Camerini); é il 1929.
E’ l’anno del cinema sonoro; l’anno in cui si discute del danno che l’elemento fonico introduce nell’arte muta; nelle sale italiane si proiettano: “Cantante di Jazz”, di Alan Crosland “ con Al Jolson, ”Il Vento” di Sjostrom, “Mari Scarlatti” di John Francis Dillon e un varietà gigantesco della 20th Century Fox “ Follie del Giorno”. E’ un periodo difficile per i Leone, la madre finalmente in attesa di un figlio si ritira a vita privata e la carriera del padre é fortemente e inspiegabilmente osteggiata dal clima dell’epoca, “Assunta Spina” di quell’anno sarà il suo ultimo film, a parte una parentesi sorprendente del 1941 con la Fulcro Film: dopo anni Roberti gira ”La bocca sulla strada” un film ambientato a Napoli.
Si era in piena guerra e dalla terrazza dell’Excelsior si potevano vedere i bombardamenti sulla città. E’ qui che il piccolo Sergio, a tredici anni, vede per la prima volta lavorare suo padre, ”…Nascosto dietro i riflettori, facendo i compiti di scuola tra un ciack e l’altro, non mi persi neanche una mossa. Volevo apprendere l’arte e metterla da parte…..mi rimandarono in latino, matematica e greco, ma non me ne preoccupai più di tanto…..” I genitori lo hanno iscritto in un Istituto di Salesiani anche per evitare i “sabati fascisti”, una sorta di indottrinamento ginnico militare, per i “Figli della Lupa” e gli “Avanguardisti”, a scuola ha una predilizione per le materie letterarie e la storia, al cinema adora i film di avventura, il suo personaggio preferito é Charlie Chan; il suo mentore sarà Chaplin e poi Lubitsch.
A causa della guerra, la vita é sempre più difficile, a Roma c’é la carestia, Leone non dimenticherà mai cosa sia vivere giorno per giorno e capire come sopravvivere. Nel ’44 la guerra lascia Roma e dopo tanti anni di fermo forzato il cinema piano piano si rianima e persino Roberti gira un ultimo film, “Il Folle di Marechiaro” .Sergio Leone fa risalire il suo vero esordio nel cinema proprio a questo film del padre, nel quale interpreta un piccolo ruolo da attore; aveva sedici anni.
Il film uscì per due giorni e soltanto in un cinema di terz’ordine di Napoli per scomparire poi dalla circolazione. Roberti, uno dei pionieri del nostro cinema, concluderà qui la sua carriera, ma prima di allontanarsi definitivamente e trasferirsi a Torella dei Lombardi (suo paese natio) affida il suo giovane figlio, che ormai ha deciso di continuare la professione paterna, ai suoi più grandi amici Mario Camerini, Carmine Gallone e Mario Bonnard.

La guerra é finita, l’esercito americano, insieme alla cioccolata, al cicles e alle am lire, porta con sé migliaia di film mai tradotti prima.
Racconta Leone:” …Avrò visto cinquanta film al mese, per due o tre anni di fila, mi interrompevo solo per andare a Cinecittà; commedie, western, comiche, gialli, pellicole sociali, film di guerra. Tutto quello che c’era…..” .

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In America “Sciuscià” di Vittorio De Sica vince l’Oscar; gli americani lo confondono un po’ con Rossellini che intanto ha girato “Roma città aperta”, “Paisà” e “Germania Anno Zero”.
Leone ha vent’anni e cerca di guadagnare un po’ di soldi come assistente; tramite un amico, arriva a De Sica che sta girando “Ladri di biciclette” il regista sa che quel ragazzo é il figlio di Roberti e lo prende come assistente alla regia, assistente volontario però, senza paga, neanche una lira, a meno di non fare una comparsata. Leone accetta, farà la parte di un giovane prete, e non solo, procura i quindici ragazzini, che De Sica non riesce a trovare, per fargli fare il gruppo dei pretini: sono tutti suoi compagni di classe.
Inizia così una lunga gavetta, indispensabile all’epoca, per imparare il mestiere, era infatti impensabile avventurarsi nel mondo del cinema senza sapere di tecnica e grammatica cinematografica, il mestiere si “rubava “,non si andava a lezione, sul set si poteva imparare anche andando a comprare le sigarette o portando il caffé.
Negli anni ’50, il cinema italiano ha ripreso vigore, la cinematografia sembra avere i caratteri di una grande industria, oltre a Cinecittà, che é lo stabilimento più efficiente d’Europa (di lì a poco si girerà “Quo vadis?” e poi “Ben Hur”), a Roma sono in piena attività sulle strade e la campagna della capitale, la Scalera Film, la Farnesina, la Titanus, la Safa Palatino, mentre il Centro Sperimentale seleziona un nutrito numero di autori e attori di grande talento. Intanto l’apprendistato per Leone continua. E’ diventato un ottimo assistente capace di farsi rispettare dai figuranti, dalle folle di comparse, soprattutto nelle scene di massa che dirige nelle sue prime “regie tecniche”.
Così, dopo De Sica, verranno Mervyn LeRoy, William Wyler, Blasetti, Gallone, Camerini , Soldati, Comencini, Steno e Bonnard (Mario Bonnard, prima di diventare regista era stato attore, un grande divo, la risposta italiana a Rodolfo Valentino, il grande amatore nel cinema muto italiano ne “Ma l’amore mio non muore”, è lui il famoso dandy che Petrolini mette in macchietta quando interpreta Gastone

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(sul proprio “personaggio”, Bonnard dirigerà poi un film con Alberto Sordi). Con Bonnard Leone collabora in otto film come aiuto regia, fino a” Gli ultimi giorni di Pompei” del 1959, che segna il suo effettivo esordio alla regia, quando sarà chiamato a sostituire il maestro ammalato.
Al Peplum, non sfugge nessuno e così che nel 1960 (in quell’anno si sposa) per il suo esordio ufficiale alla regia, girerà un film epico ( da lui definito: “Un film alimentare”)

Nel cinema western “reinventato” Sergio Leone trova la definitiva consacrazione come grande regista. La sua filmografia comprende solo sette titoli, 7 magnifici film, sette film concatenati tra loro, in crescita coerente con il cammino del loro autore, un cammino a ritroso nel suo “altrove”.
Suo padre e sua madre, si erano conosciuti girando – l’uno come regista, l’altra come attrice – un film che molti critici indicano come un proto-western: La vampira indiana (1913).

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