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Prix Italia: La Resistenza fra scelta e martirio

PRIX ITALIA 2014
LA RESISTENZA TRA SCELTA E MARTIRIO

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In anteprima al Prix Italia, lunedì 22 settembre ore 21.00 Cinema Massimo
con Massimo Bernardini e Giovanni De Luna
Rai Cultura, diretta da Silvia Calandrelli, presenta “La Resistenza tra scelta e martirio”
di Giovanni De Luna e Enrico Cerasuolo, regia di Enrico Cerasuolo, in onda venerdì 26
settembre ore 22.30 su Rai Storia – ch. 54 del Digitale terrestre e ch. 23 TivùSat.
Tre grandi figure della Resistenza sulle montagne del Piemonte: Emanuele Artom, ebreo, Willy
Jervis, valdese, Leletta d’Isola, cattolica. Tre culture accomunate dalla lotta contro il fascismo, trestorie avvincenti e drammatiche che il documentario La Resistenza tra scelta e martirio racconta nelpieno del loro svolgimento, in diretta. Il canovaccio di una narrazione “quotidiana”, sono i diari ele lettere dei tre protagonisti; documenti eccezionali e in parte inediti che consentono di ripercorrere la storia della Resistenza “nel suo farsi”, giorno per giorno, rastrellamento dopo rastrellamento, sacrificio dopo sacrificio.
Partendo dall’Istituto Piemontese per la storia della Resistenza (Istoreto) – dove sono conservati la maggior parte dei documenti – il racconto si dipana attraverso luoghi e testimoni che integrano il risuonare delle voci di Emanuele Artom, Willy Jervis e Leletta d’Isola, attraverso i loro scritti, nelle epistole ai familiari così come nelle pagine dei loro diario.L’evocazione, il racconto storico e personale si intrecciano per restituire a chi guarda e ascolta quei resoconti l’intensità el’immediatezza dell’esperienza.
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I PROTAGONISTI
Emanuele Artom, partigiano ebreo.
La biografia di Emanuele Artom è quella di un giovane intellettuale ebreo, destinato a un percorsodi studi classici e di ricerca travolto invece prima dalla bufera delle leggi razziali del 1938, poi dalla tragedia scatenata dalla guerra mondiale. Nel 1943 ha 28 anni e si affaccia alle soglie della piena maturità. Il suo Diario testimonia questo passaggio, intrecciando la sua vicenda autobiografica (esplorata senza veli anche nei risvolti più intimi) con una sorta di appuntamento con la storia che lo porta alla decisione di andare in montagna a fare il partigiano, in Val Pellice,nelle file delle formazioni di “Giustizia e Libertà” legate al Partito d’Azione. “Cominciai due nuovi lavori, uno bello e uno brutto – scrive Arton il 26 dicembre del ’43 – quello bello andare dai colpiti dai tedeschi a pagare un anticipo dei danni ed esprimere la solidarietà della banda. Quello brutto, prendere informazioni sulle spie che dovranno essere punite con la morte. Mi spaventa contemplarmi mentre sto tramando contro la vita di un uomo che lascerà moglie e figli, di un uomo che non mi conosce e che non
conosco. Sono come un pescatore che cinge le reti intorno al pesce inconsapevole. Già pesa anche solo questa parte di responsabilità di una vita umana e del dolore dei parenti che resteranno”. Emanuele Artom viene arrestato durante uno dei rastrellamenti più duri, quelli di fine marzo 1944. Preso con le armi in pugno, i nazisti vedono in lui non tanto il partigiano quanto piuttosto l’intellettuale e l’ebreo. E si accaniscono con particolare ferocia: le torture, il dileggio, poi la fucilazione e la sparizione de corpo, suggellano il suo martirio.
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Willy Jervis, partigiano valdese

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Willy Jervis, partigiano valdese. Willy Jervis nel 1943 ha 42 anni, una moglie, e tre figli piccoli. Studi in ingegneria a Torino e poi a Milano dove si laurea. Willy ha un ottimo posto di lavoro a Ivrea, direttore del Centro Formazione meccanici dell’Olivetti, un tranquilla agiatezza economica, una famiglia serena. Dopo l’8 settembre
1943 sceglie di farsi partigiano. Grazie alle sue qualità alpinistiche, si impegna ad accompagnare sulle montagne del confine italo-svizzero i prigionieri alleati fuggiti dai campi di concentramento, mosso da un misto di generosa solidarietà e di tranquilla fiducia nella propria abilità di “guida alpina”. Poi aderisce al Partito d’azione e ne diviene uno dei capi militari; smessi i panni dell’ingegnere olivettiano si trasforma in un formidabile organizzatore di bande partigiane, dicollegamenti con gli Alleati, di infrastrutture logistiche e di nuclei operativi. Si muove tra la Val Pellice, la Val d’Aosta, la Svizzera, in un’attività indefessa, troppo vistosa, troppo prolungata, troppo assidua per non farlo, alla fine, cadere. Arrestato dai tedeschi, imprigionato, torturato e impiccato, il suo corpo viene lasciato esposto in piazza e quando lo rimuovono trovano una piccola bibbia. Vi aveva scritto l’ultima lettera alla moglie, Lucilla Rochat e anche la sua ultima preghiera. “Temo sia suonata la mia ultima ora – scrive Jervis il 17 luglio 1944 – la fede non mi abbandona e l’ultimo mio pensiero sarà per voi cari. Mi hanno preso con altri, messo al muro, legate le mani. Poi mi hanno messo in cella, in attesa. Non mi faccio illusioni e prego Dio che dia a me la forza e a te la consolazione. Quante cose vorrei dirti. Tu sai il mio amore per te e per i bimbi. Dio vi benedica e vi guardi.
Ci troveremo certo di là”. Una testimonianza di fede e uno slancio di affetto. Le sue lettere a Lucilla durante la prigionia sono un dialogo con se stesso, con Dio e con l’amore. “Mio amore caro – scrive ancora Jervis in una missiva datata 5 agosto 1944 – dato come si sono svolte le cose temo che non ci sia oggi più speranza. Sia fatta la volontà di Dio. Avrò fede fino all’ultimo e spero. Sono sereno, Dio mi conforta. Sono certo tu pure troverai in Dio le consolazioni. Penserò sempre a voi”.
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Leletta d’Isola, la fede cattolica
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Leletta d’Isola, la fede cattolica.
A Villar di Bagnolo, nella Valle del Po, c’è un Castello risalente agli anni Mille; ai piedi della sua
altura, una grande casa patrizia, il Palàs del XIV sec. con un parco e alberi secolari. Sono le
residenze dei feudatari del posto, i baroni Malingri. In quelle dimore, abitate ininterrottamente persette secoli dalla stessa famiglia, tra il 1943 e i 1945 vissero la baronessa Caterina Malingri di Bagnolo e suo marito il barone Vittorio Oreglia d’Isola. Con loro, ospiti, parenti, domestici e i due figli, Leletta e Aimaro studenti liceali. A Villar, tra quelle mura, per tutti i venti mesi della lotta partigiana, Leletta tiene un diario che oggi ci appare come uno dei documenti più straordinari scritti in quel periodo. Scrive Lelette d’Isola l’8 settembre del ’43: “Oltre Bagnolo c’è il mare. Mare di nebbia e di voci, gli ufficiali di Bagnolo danno via tutto, persino le scarpe militari. Ho cercato di trovare una giustificazione a questo indegno modo di agire, ho pensato che forse non vogliono che la roba cada in mano ai
tedeschi…Il mio terrore è che si ricostituisca veramente il Partito Fascista con la forza dei tedeschi. Sono da ri.fa.re gl’i.ta.lia.ni! Ben altra pace avremmo sperato! ‘…il pan ci manca, sul ponte sventola bandiera bianca!”. Leletta aveva allora 17 anni (era nata nel 1926); cattolica fervente era sorretta da una vocazione già pronta a sbocciare. Il 9 giugno 1944, nella cappella delle Suore del Cenacolo a Torino, Leletta diventa Figlia di Maria. La sua è una vocazione abbracciata con impetuosa, giovanile freschezza; quella stessa che imprigiona nelle pagine del suo diario lo sguardo di una fanciulla affacciata sugli orrori della guerra con la spensieratezza dei suoi anni ma anche con la consapevolezza che le viene da una fede religiosa precocemente solida e strutturata. “Stasera – scrive nel suo diario il 2 ottobre 1944 – i nostri cari comunisti sono scoppiati in un fuoco di artificio di ideali compressi. Sono degli apostoli, degli idealisti che ricreano l’anima in un momento in cui l’umanità è così vuota e così tragicamente sofferente. Ma ho paura che saranno dei martiri e degli incompresi”.
Al castello si insedia il comandate delle Formazioni Garibaldi della Valle, Pompeo Colajanni. Tra la futura suora e il partigiano comunista si intreccia un rapporto di stima profonda. Quella vicenda offre oggi un irripetibile spaccato della dimensione umana, culturale e religiosa della Resistenza. Nel 2013 è stata avviata la causa di beatificazione di Leletta.
Credits:
Autori: Giovanni De Luna, Enrico Cerasuolo
Regia: Enrico Cerasuolo
Produttore esecutivo: Massimo Arvat
Fotografia: Paolo Rapalino
Direttore di produzione: Emiliano Darchini
Montaggio: Marco Duretti

TORINO E LA MEMORIA DELLA RESISTENZA

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