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Laura Antonelli e la Bacchelli

Laura Antonelli,  la legge Bacchelli e La Legge


Grazie all’ interessamento di Lino Banfi,  il  Governo ha concesso la “ Legge Bacchelli” ( pari a 1500 € mensili ) all’attrice Laura Antonelli perché in  “ gravi difficoltà finanziarie “  in quanto oggi vive ( si fa per dire)  con la sola pensione minima  dell’ ENPALS ( Ente Nazionale Lavoratori dello Spettacolo). La pensione minima è di 450€ mensili.  Laura Antonelli ha preso parte – nella sua carriera – a 36 film e nella stragrande maggioranza con cachet molto alti. A cachet alti  corrisponde il versamento di contributi all’Ente assistenziale molto alti. Chi non ha versato i contributi all’attrice, e soprattutto chi non ha controllato?.

Secondo la legge di quei decenni – credo che oggi sia ancora così – il visto per la programmazione obbligatoria ( ovvero l’autorizzazione a proiettare il film nelle sale con il riconoscimento di film italiano) veniva concesso da una apposita Commissione del Ministero del Turismo e dello Spettacolo purchè la pellicola assolvesse a due scopi precisi:

Non doveva offendere il “ comune senso del pudore” e doveva aver utilizzato almeno il il 70% di maestranze italiane. Come faceva la Commissione a controllare se questi due obblighi erano stati assolti?  Per il comune senso del pudore visionava il film, per il numero dei lavoratori italiani riceveva dalla Produzione una dichiarazione dell’ Ente previdenziale con nome, cognome e numero di iscrizione di TUTTI i componenti la troupe, attori compresi. E allora? Allora succedeva questo: si era alla fine della lavorazione, il produttore sosteneva di non avere più una lira, che la distribuzione ancora non gli aveva anticipato nulla; andava all’ Ente previdenziale e versava solo qualche anticipo, spiegando la situazione. L’ Ente – nell’intento, credo, di difendere il lavoro di tanti iscritti   -  gli rilasciava  la lista  con la formula:  “ I  pagamenti sono in via di attuazione”. Perché la  produzione doveva  dimostrare di aver assunto non solo maestranze italiane, ma di averle impiegate per tutta la durata del film secondo quanto previsto dal Piano di Lavorazione e  il solo modo era quello di dimostrare l’avvenuto versamento di tutti dei contributi previsti. La commissione chiudeva un occhio, accettava quella formula del “ in via di pagamento” e il film andava nelle sale;  moltissimi produttori incassavano quello che dovevano e alla fine della programmazione ( di solito  da uno a due anni) vendevano il negativo e “ chiudevano” la società srl aperta per quella lavorazione e tanti saluti all’Enpals e ai contributi da versare. E’ vero che la legge obbliga il lavoratore a controllare che i contributi siano stati versati, ma se il lavoratore scopriva i mancati versamenti,  se  – di conseguenza – faceva causa o  piantava casino veniva additato come un “ rompiballe” e non lavorava più, NON LAVORAVA PIU’ perché nell’ambiente del cinema il passaparola era rapido ed efficace. E allora il lavoratore rimaneva in silenzio, al più mandava la moglie al Divino Amore  per chiedere la protezione celeste ma per scoprire poi – in vecchiaia -  di doversi ritenere fortunato se era riuscito a raggiungere il minimo. E questo è successo non solo a Laura Antonelli,  anche a  tantissime altre attrici  che avevano lavorato tantissimo. Alida Valli, ad esempio. Io non sono un avvocato ma tante volte mi sono sempre chiesto se non ci sia una possibilità legale di far  causa al Ministero e a  quelle  Commissioni di censura composte da gravi,  solenni,  acculturati, oneste persone dotate del privilegio di interpretare il comune senso del pudore,  pronti ad  imporre il “ tetta sì,  tetta no”, ma a non pretendere l’avvenuto versamento di almeno il 60%  delle contribuzioni prima di concedere la programmazione obbligatoria. Avrebbero così difeso il lavoratore senza danneggiarlo e – forse – sarebbero riusciti a capire che il “ comune senso del pudore” non viene offeso dalla offerta di qualche amplesso troppo sottolineato  ma viene offeso  - e di molto – dal non difendere nel rispetto della Legge il diritto di chi quel film aveva contribuito a realizzare provvedendo alle luci, alle riprese,  all’organizzazione del lavoro e anche – perché no? – a mostrare una tetta ( o altro ancora).

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Commenti [3]

  1. Marco Sisi Says:

    Mi scuso per l’off topic, ma non ho trovato altro modo di entrare in contatto. Avrei bisogno per favore di notizie sul film “Top sensation”, recensito in altra parte del sito. Mi occupo di ricerche storiche in relazione a Livorno e agli studi di Tirrenia. Grazie per il cortese aiuto che vorrà darmi.

  2. Giulio Berruti Says:

    Chiedo scusa, ma non ho capito bene cosa intendi per aiuto. Sul film che citi ho scritto tutto quello che sono venuto a sapere; il mio punto di riferimento era Oddo Bernardini, mio caro amico di cui ho perso le tracce, che in quel film faceva l’assistente. Su Tirrenia c’è invece molto da dire, a partire da Ciano che volle costruirla su terreni paludosi a Giovacchino Forzano che battezzò gli stabilimenti Pisorno ecc…C’è anche una scelta architettonica precisa, degna di studio…Quello che so è che la documentazione su tutta la vicenda è piuttosto frammentaria; una parte delle “colonie estive” e anche – credo – dello stabilimento cinematografico venne rilevato dal Coni dopo il 1960 ( Olimpiadi di Roma) e forse al Coni potrai trovare qualche impiegato solerte in grado di dare notizie, se sono quelle che cerchi…vi sono infine molti libri sull’argomento. Qualche cosa dice Petacco ( Arrigo Petacco – Livorno in guerra – ed Telegrafo) e altro scrive Miccichè ( Lino Miccichè ( Storia del cinema italiano_vol.5)

  3. Arianna Bernardini Says:

    Salve Giulio,

    sono capitata in questo sito poiché stavo cercando determinate informazioni.
    Se ha piacere, posso metterla in contatto con Oddo Bernardini (mio padre).