Giovedì: Pesca grossa 2
L’equipaggio del battello è composto dal proprietario ( il già citato Jean-Luc, cinese), da suo nipote, da un amico tahitiano e da Patrick. Patrick era munito anche di panini preparati da Jackie; io ho preferito sentirmi molto tacitiano e ho scelto il cibo locale aiutanto anche da un bicchiere di birra.
Subito dopo, mentre stavo chiedendomi se era il caso di approfittare della minuscola cabina per una siesta doverosa , esplode un grido: HOOK-UP, HOOK-UP !! (che significa: “ ha abboccato”) seguito da HAURA , HAURA (se volete, pronunciate “Ah – ou – ra” che significa “pesce spada”).
Il pesce, stimato di due metri e di cinquanta chili, dopo aver abboccato ha avuto lenza sino a quattrocento metri dal battello. Bisogna dunque stoppare lo scorrere del filo per poi raccoglierlo dolcemente. Intanto, vengono dismesse le altre 4 canne per evitare l’ingarbugliarsi dei fili; poi quella che ha il pesce spada viene portata al centro del ponte, dove c’e la sedia e l’uomo incaricato di trascinare il pesce a bordo. Mi viene concesso questo onore, ed è per questa ragione che non ho potuto scattare fotografie.
Il pesce, dicono gli esperti, va “lavorato”; quello che non dicono è la difficoltà e la fatica che occorre ( a meno di non aver letto Hemingway) ma non mi sono reso conto di cosa significasse “lavorare” la preda, sino a che non mi hanno messo seduto e imbragato sulla poltrona.
Il resto è fatica: Devo riuscire a tenere il filo sempre teso.
Dieci, venti minuti passati a ritirare con attenzione parte della lenza. Ma ancora non ho visto il pesce spada, lo “sento” solo dalla resistenza al traino e dalla sua forza. Parick mi è vicino, mi incoraggia, “…Forza, adesso hai solo più cento metri di filo da raccogliere”. Ed ogni metro diventa sempre più difficile da raccogliere. Il pesced spada fa un piccolo balzo fuori dalle onde; i compagni di viaggio valutano che è una bestia di 2,5 metri di lunghezza e peserà almeno 70 kg. Cinquanta metri, trenta…i compagni di avventura hanno già pronte le gaffe per trascinarlo a bordo. Solo più cinque metri…e all’improvviso il pesce compie un gran salto fuori dall’acqua e capisce che ha davanti a sé un avversario poco pericoloso, un dilettante. Perché il dilettante, che sarei io, si lascia soprendere da quel gran salto, smette di girare il mulinello, il filo si rovescia disegna un grande arco nel cielo…e il pesce spada si libera, restituendoci addirittura anche l’esca.
I miei compagni si fanno vicini e cercano di consolarmi dicendo che è una cosa che capita ai migliori, ma io sento che la delusione è grande, anche se la pesca continua e nulla è perduto sino al rientro al porto.
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FOTO E TESTO DI FRANCOIS BARETTE©
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