Il settimo sigillo
IL SETTIMO SIGILLO (1957) di Ingmar Bergman.
Non tutti i critici sono concordi nell’inserire questo film tra i migliori del regista svedese; molti, inoltre, si sono divertiti a sottolineare alcune inesattezze nel riposizionamento del gioco degli scacchi; o in un pezzo (il re) danneggiato, che ritorna integro nelle inquadrature successive, ecc. Altri ancora rilevano errori nel collocare in quel periodo storico una crociata. Sia come sia, non penso di fare nulla di male se aggiungo la mia personale esperienza vissuta con questo film che mi ostino a considerare straordinario. In sala ci finii per caso ( era un cinema d’ essai, quasi in periferia) una domenica pomeriggio di solitudine a Torino. In platea non più di quattro o cinque persone. Un tempo di buio dopo i titoli, poi quella incredibile serie di campi lunghi, campi lunghissimi, sette o otto campi tutti in sequenza. Al limite della sgrammaticatura per me, saldamente ancorato alle regole scritte da Sergei Mikhailovich Ejzenštejn.
Sapevo che Bergman arrivava dal teatro; che il Settimo sigillo era la trasposizione di una sua pièce ( Pittura su legno), ma quell’inizio, francamente mi inquietò. Il seguito era ancora meno incoraggiante; lento, sofisticato, per troppo tempo retto sulla magia della voce fuori campo (..e quando l’agnello aprì il settimo sigillo, si fece nel cielo…) da Apocalisse, da certezze religiose irreversibili e incontestabili. Perché?
Ad un certo momento, deluso, decisi di andarmene. Ma non ci riuscii.
Aspetta, ancora un minuto …alla fine di questa sequenza …fra poco; così, di inquadratura in inquadratura, arrivai alla fine del film. E venni contagiato dall’amore per il cinema. In modo irreversibile. Da voi non pretendo tanto; ciascuno reagisce secondo la propria sensibilità, cultura, interessi. Limitatevi quindi, se volete, allo studio dell’uso dei campi lunghi che Bergman assume per aprire il suo racconto. La voce fuori campo, carica di enfasi e di significati e quei respiri ampi, quelle grandezze aspre, quella inospitale spiaggia di ciottoli, la solitudine del crociato che sente avvicinarsi la morte.
E chiedevi il perché.
Regia: Ingmar Bergman,
Sceneggiatura: Ingmar Bergman
Attori: Max Von Sydow, Gunnar Björnstrand, Bengt Ekerot, Bengt Ekerot, Nils Poppe,
Fotografia: Gunnar Fischer
Le immagini sono fotogrammi del film.
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