Parlare nel cinema

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    Il primo rimedio per far parlare il cinema,

    pianob.jpgè stato quello di sbattere in platea un pianista ( quando non una intera orchestra) incaricato di suggerire o di accompagnare le emozioni degli spettatori. Rimedio insufficiente per raccontare la gamma emotiva di cui il cinema poteva essere interprete. Si è pensato allora di stupire con trucchi da illusionista, poi si è arrivati ad accompagnare la recitazione con un gesticolare largo e fantasioso capace di suscitare negli spettatori la scintilla della emozione.

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    Recitazione e composizione del quadro molto simili a quella dei cantastorie di strada.
    Una scelta affascinante, ma ancora insufficiente. E a pochi anni dal suo primo vagito, il cinema allora si fa adulto, inventa i suoi toni, che si chiamano campi e piani. Va oltre osando sino al primo piano, a quel modo di presentare l’ uomo oltre le capacità dell’ occhio. E fu scandalo; i critici e i ben pensanti non esitarono a definire quella inquadratura come l’inquadratura di mostri. Nasce il montaggio, ovvero l’armonia fra le varie distanze e i sentimenti che quell’ alternarsi di campi e piani possono provocare nello spettatore. Il cinema aveva scoperto i suoi sussurri e le sue grida.

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