Il valore delle oblique

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    Ci fu un momento in cui la “visione teatrale” di una sequenza cinematografica cominciò a stare stretta ai registi del primo Novecento. Macchine da presa più leggere e una maggiore sensibilità del negativo fecero il resto:  il cinema sale sul palcoscenico, ed esplora posizioni ignote allo spettatore ideale seduto in platea. Con le oblique (vedi oblique e verticali) i registi scoprono che il racconto può essere sviluppato

    non solo attraverso l’interpretazione degli attori, ma anche con un particolare posizionamento della macchina da presa.

    Il cinema può dunque utilizzare e amalgamare due diversi livelli di racconto: il primo è quello che i critici definiscono profilmico, ovvero tutto ciò che sta davanti alla macchina, il secondo il filmico, ovvero “… il piano discorsivo propriamente detto, il linguaggio del cinema, o, più semplicemente, i modi con cui vengono rappresentati gli elementi profilmici.” (Gianni Rondolino)

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    O per dirla in modo più semplice e non meno efficace, quando:
    ” … E’ la macchina da presa che parla”
    ( Sergio Citti, Casotto, 1977).

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    LE FOTOGRAFIE SONO TRATTE DAI FILM: RE DI DENARI di ENRICO GUAZZONI, e dal set di CASOTTO di SERGIO CITTI

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