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G. Mingozzi

G. Mingozzi, Bologna, 5 Aprile 1932

Non conosco personalmente Gianfranco Mingozzi. Nelle poche conversazioni che avuto, ho ricavato l’impressione di un uomo molto schivo, forse sulla difensiva, ovvero un altro esempio dell’archetipo del documentarista italiano che ama l’autonomia, che teme di veder scambiata la propria disponibilità con la piaggeria; che segue, in definitiva, i dettami dell’anarchia contadina, segno distintivo dei migliori fra di noi, anche se continuo a pensare che questo atteggiamento non giova, come non ha giovato, alla promozione della documentaristica italiana.

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Gianfranco Mingozzi è un esempio classico del miglior alto artigianato italiano. E’ un documentarista, un regista di lungometraggi, uno sceneggiatore, un attore, uno scrittore di libri.

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Con Il cuore fermo, Sicilia.ha vinto il Leone d’Oro alla Mostra di Venezia del 1965. Su di lui sono stati scritti saggi e tesi di laurea; non esiste organizzatore di meeting o di Festival che non si sentirebbe onorato di averlo come ospite; e tuttavia, molti professori di cinema non lo citano nelle loro lezioni. Uno dei tanti nostri inspiegabili misteri; non citare e non ricordare il  Con il cuore fermo, Sicilia, La vela incantata, ad esempio, o La Taranta non è solo simbolo di disinformazione, ma di profonda, ingiustificabile incompetenza.

Firma, come regista, un episodio del film collettivo Le Italiane e l’amore (1962). Nel 1967 firma Sequestro di persona sceneggiato con Ugo Pirro. Desta quindi sconcerto con Flavia, la monaca musulmana con scene di nudi o particolarmente dure e girate con attenzione documentaristica come lo scuoiamemento della protagonista (Florinda Bolkan).

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Come definiresti la professione del documentarista?

Il documentarista è colui che documenta e ritrae quella realtà filtrata dai suoi occhi e dal suo pensiero.

Il documentarista italiano vive in autonomia e tende a rifiutare l’associazionismo. E’ un male necessario?

No. Bisogna sempre confrontarsi con gli altri.

Come giudichi la situazione attuale della documentaristica italiana?

Molto vaga. C’è un risveglio d’interesse per il documentario ma credo che sia purtroppo una moda che non durerà a lungo se non si prenderanno dei provvedimenti –anche legislativi- a favore del documentario e se gli acquisti –con prezzi ridicoli- delle tv (le uniche per cui si può lavorare dato che le uscite in sala sono assolute eccezioni) non copriranno almeno le spese

E’ possibile porre rimedio a questa situazione?

Vedi risposta precedente

Come giudicheresti una indagine realizzata per contare quanti documentaristi italiani vivono del proprio lavoro?

A che pro?

In caso di giudizio positivo, accetteresti di mettere il tuo nome in cima alla lista?

Per quello che mi riguarda non lo ritengo opportuno anche perché io NON vivo, purtroppo, del mio –saltuario- lavoro di documentarista.

Il Corto è da considerarsi un tema di scuola secondaria o piuttosto una tesi di laurea?

Non capisco la domanda: il documentario può essere un tema per la scuola secondaria ma anche un tema per una tesi di laurea (sul mio lavoro è stata fatta l’una e l’altra ipotesi)

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