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Stefano Rolla

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Stefano Rolla nato a Roma il 15 agosto del 1937.E’ morto a Nassiriya (Irak) il 12 novembre 2003 in un attentato suicida alla base del contingente italiano, Base Maestrale.

Confesso di aver molto esitato prima di decidermi a scrivere questo post. Troppi sciacalli intorno a questa persona, troppe false amicizie, troppi a voler trarre qualche beneficio economico dalla sua tragica scomparsa, utilizzando magari come propri, scampoli del suo lavoro. Ma io devo qualche cosa di importante a Stefano Rolla, come spiegherò in seguito e soprattutto ritengo indispensabile aggiungere il suo nome alla galleria dei veri artigiani di cinema che ho appena iniziato a ricordare.
Perchè questo cineasta, questo “cinematografaro” rappresenta l’ evoluzione moderna dell’ artigiano di cinema. Da aiuto, da sceneggiatore, da regista a ideatore di programmi, esperto dei problemi produttivi, produttore egli stesso. In una parola filmmaker, il primo, io credo, limpido esempio di filmmaker italiano. La sua più che quarantennale esperienza nel mondo del cinema gli consentiva di intervenire in ogni fase della lavorazione e quindi di rappresentare la figura cui tutti i giovani cineasti dovrebbero far riferimento.

Stefano aveva iniziato nel 1961 come aiuto regista nel film Giorno per giorno disperatamente, per proseguire al fianco dei migliori registi italiani del tempo. Ricordo: Sacco e Vanzetti, Anatra all’ arancia, Profondo rosso, ma è sufficiente andare alla sua filmografia per rendersi conto su quanto lavoro pratico e duro Stefano Rolla abbia costruito la propria capacità di fare cinema). Ignoro se egli abbia rilasciato qualche intervista sulla sua attività. Se qualcuno ne ha conoscenza, lo pregherei di segnalarmela. Ma sono certo che molto della sua figura anche professionale traspare dalla pagine del libro di Adele Parrillo Nemmeno il dolore.


Io devo a Stefano Rolla la mia permanenza a Roma e l’ inizio della mia carriera come aiuto regista. Ero arrivato da Torino, nel 1968, in cinquecento, senza soldi e senza punti di riferimento, se si fa eccezione per il produttore torinese Luigi Rovere.
Avevo sentito parlare di Stefano che godeva fama di essere uno dei migliori aiuto regista sulla piazza. Spinto dalla fame, mi procurai il suo indirizzo (via Aurelia antica, se ricordo bene) e gli scrissi una lettera parlandogli del mio amore per il cinema e chiedendogli aiuto. Nel giro di una settimana, Stefano mi convocò a casa sua e dopo essersi informato se parlavo francese mi affidò l’ aiuto regia che gli avevano offerto per un film importante di Bernard Borderie (Catherine il suffit d’un amour).
Dopo, anche per me, fu quasi tutta discesa. E non l’ ho mai ringraziato abbastanza per quel gesto assolutamente gratuito. Cerco di farlo ora, ricordando anche le prevaricazioni e le indebite appropriazioni avvenute dopo la sua morte.
La principale, come forse molti ricorderanno, è avvenuta alla cerimonia di commemorazione per i caduti di Nassiriya quando venne rifiutato l’ ingresso alla compagna di Stefano, Adele Parrillo, nel 2004 e nel 2005 perchè solo convivente. La burocrazia italiana non prevede in nessun codicillo, postilla, clausola, poscritto l’uso della pietà cristiana. Del resto, può il Presidente della Repubblica stringere la mano ad una pubblica peccatrice?.

Adele Parrillo commenta: ” Giulio, anche se questa frase è detta in senso ironico, scusa se mi permetto di dire che non rende l’ ironia perchè invece c’è tutta una motivazione dietro che sarebbe lungo riportare qui. Si potrebbe però riassumere così: Il protocollo del cerimoniale della commemorazione non prevedeva che il Presidente stringesse la mano alla compagna di uno dei caduti di Nassirya, mentre prevede spesso che stringa la mano alla compagna dell’ onorevole Casini e ad altri onorevoli con lo stesso status quando con le proprie compagne si presentano ad alcune cerimonie pubbliche e pure davanti al Papa ( che invece nega la comunione ai divorziati) La verità è che in tempo di discussione dei Pacs, non vogliono contrariare il Papa che invece si intromette ogni giorno nelle questioni politiche dello Stato italiano che dovrebbe essere stato laico.

Le secondarie, anche se non meno tragiche, riguardano i vari tentativi di appropriarsi della figura di Stefano, vantandone amicizia e frequentazione, o addirittura esaltandolo come propagandista leghista, solo perchè si era recato per la prima volta in Irak nell’ agosto 2003 al seguito della Padania Umanitaria Onlus, Non voglio entrare nella storia, non mi interessa. Ai fratelli seduti sulle rive del Po, ricordo che anch’ io, come documentarista ho trovato quel tipo di accordo, trasportando medicine ed altro in cambio del biglietto. Ho indossato anche io la maglietta di qualche associazione umanitaria, non per dichiararne la fede ma nella speranza che quel marchio, riconosciuto nelle terre dove andavo, potesse costituire una difesa in più.

Adele Parrillo commenta: “Grazie per questa precisazione. Sei un grande uomo, e capisco che tu sia riconoscente a Stefano, perchè quello che fece lui (facendoti lavorare come aiuto regista pur non conoscendo le tue potenzialità) nel cinema non lo fa nessuno.

Rispondo ad Adele: Grazie, ma non sono un grande uomo. La riconoscenza è un debito che va saldato sempre, anche a distanza di decenni.

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