Cabiria (1914)
IL CINEMA MUTO ITALIANO 1900 -1914
Titolo originale: Cabiria
Regia: Giovanni Pastrone
Produzione: Itala film- Giovanni Pastrone
Soggetto: da un lavoro di Gustave Flaubert,ispirato ad un?Ĵopera di Tito Livio
Sceneggiatura: Gabriele D’Annunzio, Giovanni Pastrone
Cast: Lidya Quaranta (Cabiria), Italia Almirante Mancini (Sofonisba), Umberto Mozzato (Fulvio Azilia), Bartolomeo Pagano (Maciste); inoltre: Vitale De Stefano, Enrico Gemelli, Luigi Chellini, Ada Marangoni.
Fotografia: Segundo De Chomon, Giovanni Tomatis, Augusto Battagliani, Natale Chiusano, Carlo Franzetti
Didascalie: Gabriele D’ Annunzio
Musica: Edizione musicale per le sale: Ildebrando Pizzetti ( scelto da Gabriele D’Annunzio).
Montaggio: Giovanni Pastrone (?)
Formato: mt. 3308 in 35 mm bianco/nero, muto
La lunghezza varia di copia in copia; può arrivare sino a 4100mt
Durata: 4 ore circa
Distribuzione:
Data di uscita: 1914
Genere: storico
Nazione: Italia
Trama:
E’ il III secolo a.C. Si combatte la seconda guerra punica. In Sicilia una bambina, Cabiria, viene rapita e venduta come schiava in Africa a Cartagine per essere sacrificata al dio Moloch. Salvata dal romano Fulvio Axinna e dal suo liberto Maciste Cabiria finisce nella casa della regina Sofonisba. Qui, adulta, cade nuovamente nelle grinfie del perfido sacerdote Karthalo, ma ancora una volta saranno Axinna e Maciste ad accorrere in suo aiuto, liberarla e riportarla, finalmente sana e salva, a casa
1. Note: Il soggetto viene attribuito a Flaubert, probabilmente per mascherare il fatto che la trama assomiglia moltissimo al romanzo scritto da Emilio Salgari ( Cartagine in fiamme): La sceneggiatura, è firmata anche da Gabriele D’ Annunzio, ma secondo molti il “vate” si limitò a scrivere le didascalie e ad inventare i nomi dei personaggi. Per questo lavoro ricevette un compenso astronomico ( 50.000 lire oro!!) ma fu indubbiamente un colpo pubblicitario di prima grandezza, voluto da Giuseppe Pastrone.
2. Note: Cabiria è stata una fucina di creatività per il cinema italiano e non solo. Dall’ uso del carrello per passare dai campi lunghi ai primi piani a quello delle lampade elettriche per ottenere migliori effetti di chiaroscuro, dalla organizzazione delle riprese alla scelta di scenografie non più dipinte ma ricostruite. Sembra che D.W. Griffith ne abbia tratto più di uno spunto per il suo Nascita di una nazione. Molte le sequenze da ricordare. Il sacrificio a Moloch, Annibale sulle Alpi (anche se senza elefanti) Archimede a Siracusa che incendia le navi romane. Il monumentale ingresso nel Tempio, Maciste che gioca con la piccola Cabiria e, in particolare, la processione dei cammelli sull’ orizzonte citata anche da Bergman nel Settimo Sigillo.
3. Note: Bartolomeo Pagano.
Scelto dal regista tra i camalli del porto di Genova, il personaggio di Maciste può essere considerato il primo mito del nostro cinema. Divenuto popolarissimo, Pagano ispirò una lunga serie di film.
4. Note: L’ aviatore Giovanni Vidner, sorvolò a quattro riprese la città
per annunciare l’ anteprima, che avvenne a Torino il 18 aprile 1914, Cabiria sarà proiettato nella sale di tutto il mondo. Rimane per un anno in prima visione a New York e per sei mesi a Parigi. Viene presentato anche alla Casa Bianca ( presidente W.H. Taft).
Molti attribuiscono il successo del film non solo per le innovazioni tecniche e creative ma soprattutto per il personaggio di Maciste.
La critica:
da Morando Morandini: Il secondo decennio del Novecento si apre, per il cinema italiano, all’insegna dei “colossi”. Il 1912 vede il successo di Quo vadis?, che Enrico Guazzoni ha tratto dall’omonimo romanzo di Henryk Sienkiewicz. Il 1914 è l’anno del trionfo di Cabiria, il “colosso” della torinese Itala Film che aveva tenuto occupate per dodici mesi schiere di tecnici, operai e comparse sulle Alpi occidentali, in Sicilia, in Tunisia e negli Studi della società: le due “prime” italiane (il 18 aprile a Torino e il 24 a Roma) spianano clamorosamente la via a una diffusione capillare e duratura in tutto il mondo. Del cinema muto italiano Cabiria costituisce, nel bene e nel male, l’emblema più riconoscibile. Ingegnosità tecnica (scenografie imponenti e accurate, uso sagace della illuminazione artificiale, movimenti della macchina da presa – panoramiche e carrelli – sfruttati per la prima volta in funzione espressiva, disposizione non coreografica ma realistica delle masse), magniloquenza della recitazione nello stile operistico, costruzione narrativa di ampio respiro, ideologia ispirata a un nevrotico nazionalismo da paese di fragile (e recente) formazione capitalistica.
Chiudi